I materiali naturali vengono spesso impiegati nell’architettura giapponese. Ad esempio l’architetto Teronobu Fujimori nei suoi progetti usa spesso materiali naturali come gli intonaci a calce secondo la tradizione dell’architettura giapponese. Le sue casette sospese, sono una reinterpretazione delle stanze del tè attraverso l’utilizzo delle tecniche di realizzazione locali e tradizionali.
Terunobu Fujimori, Takasugi-an (che significa casa del tè troppo in alto), Chino City, Nagano Prefecture via deezen
Quanti di voi ha mai sognato di avere una casetta sull’albero nel giardino di casa, su cui arrampicarsi, nascondersi dai grandi, giocare con gli amici, vedere il mondo da un punto di vista diverso?
L’architettura immersa nella natura ha un beneficio sul benessere dei suoi abitanti.
Vi riporto degli esempi di casette che sono molto più di una semplice casa sull’albero. Queste case rampicanti progettate dall’architetto giapponese Teronobu Fujimori sono una reinterpretazione delle classiche stanze del tè giapponesi. Il sukiya, ovvero stanza del tè, è una delle più importanti espressioni artistiche giapponesi dove il vuoto con l’importanza che assume nella cultura giapponese, prende forma. Okakura Kazuko, uno scrittore giapponese dello scorso secolo, nel suo libro del tè[1] aveva dedicato un capitolo intero al sukiya, alla sua interpretazione, concezione dello spazio e prima ancora ai diversi significati ad essa collegati. I caratteri originari significano “Dimora della Fantasia”, ma anche “Dimora del Vuoto” o “Dimora dell’Asimmetrico”.
Terunobu Fujimori & Nobumichi Oshima, Teahouse Tetsu, 2006. Photo: Masuda Akihisa.
Questa è la mia preferita, immersa nei fiori di ciliegio, chissà che vista da quella finestra ad angolo, e chissà che bello prendere il tè lassù! Sembra incarnare le parole di Okakura:
«É Dimora della Fantasia in quanto struttura effimera costruita per ospitare un impulso poetico. É Dimora del Vuoto in quanto priva di ornamenti, a eccezione di quel che vi può essere collocato per appagare un’esigenza estetica contingente. É Dimora dell’Asimmetrico in quanto consacrata al culto dell’Imperfetto; si lascia volutamente qualcosa di incompiuto affinché sia l’immaginazione a completarlo»[2].
E all’interno? Come saranno arredate?
La stanza al momento della cerimonia del tè è caratterizzata dalla presenza di un solo elemento artistico che viene scelto appositamente per l’occasione; il resto si adegua ad esso col fine di enfatizzare il tema principale. La stanza è quasi completamente vuota, ad eccezione di ciò che è portato lì temporaneamente.
Terunobu Fujimori, Takasugi-an, particolare interno, finestra, via deezen
Questa stanza è caratterizzata dalla semplicità, dall’assenza di suppellettili e dalla composizione rigorosa degli arredi, perché il vuoto viene considerato addirittura una forma di esperienza estetica.
Terunobu Fujimori, Takasugi-an, particolare interno, teiera, via deezen
Mi piace molto in queste particolari stanze del tè l’atto del salire, infatti le si raggiunge sempre attraverso una scala, che le fa diventare delle vere e proprie case del tè: una camera sollevata da terra e “sospesa” nell’aria.
Terunobu Fujimori, Takasugi-an, via deezen
Così il vuoto diventa ancora più percepibile nelle scale di Fujimori dove il percorso si sviluppa in altezza e ci si trova in bilico e sospesi.
L’atto di salire e arrampicarsi racchiude in se tutto un mondo magico, un’aurea che da bambini ci faceva sognare di avere una soffitta o un angolo della casa tutto nostro. Nella cultura giapponese questo atto di “salire”, che caratterizzava anche l’atto di entrare in una casa tradizionale, spinge ad isolare il più possibile l’ambiente interno da quello esterno, di entrare a fatica all’interno. Tutto ciò costringe ad un atto di umiltà, a lasciar fuori i grandi pensieri che ci assillano e a ricercare il distacco con il mondo esterno per raggiungere il proprio mondo interiore.
Allo stesso tempo la natura è però collegata allo spazio interno, la si può osservare e contemplare attraverso le finestre, essendo elevati alla altezza delle chiome degli alberi, l’uomo si sente completamente immerso e connesso con il mondo esterno.
[1] Kakuzo Okakura, Lo zen e la cerimonia del tè, (The Book of Tea) trad. a cura di Laura Gentili, Oriente Universale Economica Feltrinelli, Milano, 1997.
[2] Ivi p.43.
testo: estratto dalla tesi Passi in equilibrio sul roji. Un percorso nella architettura giapponese contemporanea, Chiara Baravalle.
Relatore P. Ferrara_ Correlatore M.Pirola, Università Politecnico di Milano Facoltà di Architettura e Società, Corso di Laurea in Scienze dell’Architettura, A.A.2009-2010.

2 Comments
Sara Birocchi
Grazie per questo articolo, interessante, ben scritto e pieno di cose da imparare (almeno per quanto mi riguarda) .
Penso che tu abbia trovato un modo simpatico di condividere “chicche architettoniche” con gente che architetto non é ma che puô essere affacinato da quest’arte.
legaloscegialle
ciao Sara, grazie mille sono davvero contenta che questo articolo sia arrivato e piaciuto anche a chi architetto non è…benvenuta nel blog!